lunedì 8 aprile 2013

Nuove sostanze


"Il tema di fondo di questo scritto è che il rinnovamento dell'architettura che stiamo vivendo in questi ultimi anni e in cui questa rivista si inserisce, non è solo un fatto di gusto, di moda, di linguaggio ma che stanno affermandosi, appunto, nuove sostanze e con esse nuove crisi ed opportunità.

Quando i nostri accademici attaccano gli aspetti pubblicitari, ludici, comunicativi, spettacolari, frammentari delle ricerche contemporanee a noi sembra riproporsi lo stesso equivoco e lo stesso paradosso della generazione Art nouveau a confronto dei rappresentanti della Neue Sachlichkeit. Apparentemente si attacca un'estetica, in realtà ci si oppone a una tensione al rinnovamento, al cambiamento, alla presa di coscienza di una diversa visione del mondo."

E' affascinante come questa citazione, tratta dall'articolo del professor Saggio, metta in luce uno dei punti cruciali di quello che è il dibattito architettonico degli ultimi anni: il contrasto aperto tra coloro che, coraggiosamente, "vogliono cavalcare" la nascente crisi generata dall'informazione e coloro i quali si oppongono strenuamente ad essa, ancorati ai loro dogmi e alle loro credenze.
Ci troviamo a essere testimoni, volenti o nolenti, di uno dei momenti che maggiormente ha cambiato la storia del genere umano: il passaggio da una società industriale a una che invece getta le sue fondamenta nella cosiddetta "informazione". E' innegabile che, in un momento cosi importante come questo, in cui vi è un graduale scambio di testimone tra le due epoche, qualcosa stia cambiando, anche a livello sociale, artistico, culturale.
Eppure l'uomo, ancora, non riesce a farsene una ragione; sulle prime resta così, spiazzato e confuso di fronte questo processo inarrestabile che, come un vortice, produrrà dei cambiamenti: dopo la crisi, dopo la tempesta si aprirà una fase di nascente "modernità", che ogni individuo potrà scegliere di "cavalcare" - parafrasando una definizione del professor Saggio - oppure evitare, con il rischio di essere comunque sommerso da essa.
E' come se, frammento dopo frammento, l'essere umano dovesse cominciare lentamente, la ricostruzione di un proprio modo di sentire e vivere il rapporto con il mondo in evoluzione attorno a lui. Ha bisogno, quindi, di un nuovo "paradigma mentale" che gli consenta di poter comprendere come questi cambiamenti non siano solamente puro gusto, orpello o estetica, ma siano il sintomo più profondo di un passaggio, di un'evoluzione che si è resa necessaria per innescare lo step successivo, per aprirsi ad una nuova fase dell'esistenza umana.
Come in tutte le grandi rivoluzioni, prendere coscienza di questo processo implica dei sacrifici e delle rinunce, comportando la messa in discussione, l'autocritica e la rivalutazione del proprio "modus operandi". Dunque, andando a demolire tutte quelle certezze che, in fondo, non sono altro che occultamenti della realtà, si cercherà di stabilire nuove basi da cui poter iniziare nuovamente, un po' come dopo un reset.
L'architettura in tutto questo processo non è rimasta a guardare, si è subito posta in prima linea per offrire le proprie soluzioni e l'architetto, come l'artista o il poeta, si è subito prodigato per cogliere le incertezze e le insicurezze dei propri contemporanei per cercare, a modo suo, di darvi risposta. Molto più di altri, forse, è stato in grado di cogliere, nel suo campo di azione, le conseguenze reali che questa "rivoluzione" ha portato dal momento della sua comparsa nella storia umana. L'informazione ha letteralmente sconvolto il nostro territorio disciplinare, generando la creazione di nuove categorie d'intervento e riflessione che fino a nemmeno 50 anni fa sembravano la mera fantasia di architetti "visionari" o appartenenti a una nicchia destinata a scomparire. Termini come urbanscape, paesaggio, comunicazione, funzionalità, spazio-sistema, si caricano di un nuovo significato: il suono è lo stesso ma il messaggio veicolato è totalmente differente.
Urbanscape è un nuovo modo di dialogare con la città. Una città ferita, logora, privata di una propria identità e dei propri simboli da una reiterazione di politiche architettoniche non in sintonia con i nuovi bisogni umani, ma legate ad una visione anacronistica proiettata ancora verso un periodo industriale che non ad uno informatico. In questa nuova ottica, elemento di riflessione sono le brown areas, o aree dismesse, testimonianza di un'ideale ottocentesco di fabbrica oramai desueto. Aree che rappresentano delle vere e proprie lacerazioni nel tessuto urbano che l'architetto può sanare, può ricucire e rivalorizzare con operazioni mirate, che hanno le loro parole chiave nei termini ibridazione, stratificazione e residualità.
Paesaggio è un termine in stretta relazione con la parola risarcimento. Ovvero risarcire il paesaggio di ciò che gli è stato tolto in favore della macchina e delle sue ramificazioni. Contrappore ad un sistema votato alla dominazione dell'elemento naturale un sistema che invece lo valorizza e lo tutela. "Filling", "pluri funzionalità", "antizoning" sono parole che celano un significato più profondo di quello che il termini sembrano suggerire, generando una relazione con la natura non più anti-romantica come i secoli precedenti ma più vicina ad una comprensione e rispetto di essa, complici le nuove possibilità offerte dall'informazione.
Comunicazione è un concetto che investe una sfera molto più ampia della semplice architettura. Segna il passaggio da un sistema fondato su messaggi asseritivi e oggettivi (questo dentifricio rende i denti più bianchi) ad un sistema di messaggi che invece lasciano spazio alla sensibilità e alla soggettività dell'individuo (questo dentifricio ti donerà un sorriso splendente). Messaggi che non hanno paura di essere "simboli", ma vogliono fare del momento della comunicazione un momento profondo, dove, al fluire delle parole, si crea una risonanza che non investe solamente in modo meccanico il senso dell'udito, ma scuote un insieme infinito di variabili nell'animo di chi ne viene investito. Ciò di cui i pubblicitari più lungimiranti si servono, ricorrendo al cosiddetto "human insight", abbandonando le strategie di comunicazione basate meramente sul "behavior", che parla sì del prodotto e della sua funzionalità, ma non diviene mai messaggio, verità intrinseca, motivo comune e dunque emotivo.
Pluri funzionalità segna il superamento dei vecchi diktat di coerenza e organicità all'interno di un elemento quale può essere un organismo architettonico. Si è sempre pensato che solamente una mono funzionalità potesse permettere di ottenere il massimo in termini di economicità/rendimento da un edificio. Oggi si è capito che non è più così, proprio la pluralità è la forza che rende possibile realizzare un sistema perfetto nelle sue molteplici parti. Si è riuscito a dimostrare che proprio una logica anti-kahniana, può essere la soluzione a problemi che invece proprio nella "scissione" e nella "libertà delle parti" trovano la loro intriseca soluzione. Mixitè funzionale non è quindi solamente un orpello accessorio o un gradevole gioco neolinguista, ma una concreta proposta figlia di una forte presa di coscienza delle nuove possibilità a noi conosciute.
Spazio- sistema infine è l'ultimo tassello del mosaico che con forza dirompente scardina tutti i dogmi e i paradigmi appartenenti alla vecchia estetica industriale. La separazione tra "organo spaziale" e la sua funzione. Lo spazio interno, come il motore nella macchina, non è più l'elemento cardine e su cui concentrare la propria attenzione nell'atto della progettazione architettonica. Non esiste più un "esterno" da sacrificare in favore del corretto funzionamento di un interno. Entrambi i due elementi son diventati negli ultimi 15 anni "motori" di un architettura che non crede più in una scissione totale tra spazio pubblico e spazio interno, ma che vede nei due momenti uno la prosecuzione nell'altro. Il volume esterno non è più mero involucro contro gli agenti atmosferici o guscio protettivo senza una propria identità: esso è pelle, è sistema nervoso dell'edificio, è un "simbolo" che è lì, manifesta la sua presenza e con essa comunica.
Di fronte a questi nuovi elementi così forti e che ci toccano da vicino ci domandiamo come sia possibile che molti ancora liquidino il significato di questa ricerca come una questione estetica fine a se stessa. Come sia possibile sentir parlare di un'architettura che fa dell'elemento formale il suo cardine e che si oppone alla "buona architettura" ovvero quella che ha nella funzionalità la ragione del suo essere.
Oggi infatti abbiamo a che fare con un'estetica di rottura che si propone non solo come puro esercizio stilistico, ma come esemplificazione di un'architettura che è tornata a informare e sognare. Un'architettura che, ricollocando la funzionalità in una nuova scala di valori, si è finalmente appropriata di un significato simbolico, che si oppone a chi millanta ancora la forza di idee e parametri di indagine oramai vecchi che non contengono conto della nuova velocità e delle nuove variabili e "traiettorie" che investono il mondo nel quale viviamo. Un'architettura che ha fatto della crisi il momento propulsivo per liberarsi di un ingombrante passato e risvegliarsi in una veste tutta nuova e informativa.

Riporto qui di seguito il link all'articolo originale del prof. Antonino Saggio che è stato l'ispirazione per la stesura di questo commento. (Antonino Saggio - Nuove Sostanze)

0 Comments:

 

blogger templates 3 columns | Make Money Online