domenica 10 marzo 2013

"Media Architettonici"


Immaginate il mondo post-bellico della seconda guerra mondiale; immaginate un mondo che, lacerato e distrutto ha bisogno di rinascere dalle sue ceneri; un mondo alla ricerca di una nuova identità, un mondo che ha bisogno di un’attrazione reciproca fra i suoi molteplici frammenti, che possa ricomporre un mosaico completamente stravolto dal conflitto mondiale.

L’umanità in questo contesto così cupo e arido di speranze ha bisogno di una nuova forza generatrice, ha bisogno di messaggi forti, di simboli in cui la collettività possa riconoscersi, protendendo così a un futuro nuovo e ancora da scrivere.
Così come ha fatto più e più volte nei secoli, l’Architettura quindi non rimane indifferente di fronte alle nuove questioni e mette in atto un proprio processo rigenerativo e rifondativo che porterà il dibattito architettonico, dagli anni ’50 del secolo scorso, a direzioni e soluzioni completamente nuove e stupefacenti.

Il 1956 è una data fondamentale per L’Architettura: a John Utzon è commissionato il progetto dell’Opera House di Sidney.
Se analizziamo questo avvenimento vedremo come quest’opera si inserisca in uno dei momenti più importanti di tutto il panorama architettonico definito contemporaneo.
Utzon crea il primo vagito di un’Architettura che si stacca nettamente da tutti quei paradigmi funzionalisti che avevano caratterizzato la prima metà del XX secolo; grazie alla sua sensibilità, derivante da una cultura nordica che aveva sempre riconosciuto nel concetto di simbolo un elemento basilare del proprio essere, e alla sua lungimiranza crea un primo esempio di Architettura che non “è in quanto funziona” ma al contrario “è in quanto informa” .
Questi due valori (funzionalismo/informazione) sono più di un semplice gioco di parole e implicano riflessioni molto più profonde di quanto, a una prima lettura, i termini che le compongono sembrino suggerire.

L’Architettura non può più essere intrappolata nelle rigide maglie di un funzionalismo oramai anacronistico che ha avuto il suo acme e la sua totale caduta a cavallo tra le due guerre. L’Architettura ha bisogno di nuovi paradigmi che la portino a non accontentarsi di essere elemento meccanico destinato a funzionare ma elemento che manifesta la sua essenza poiché destinato ad informare.

È l’aspetto informativo, adesso, a non voler più funzionare in maniera logico-consequenziale, ma vuole significare, rimandare a contenuti metaforici e allo stesso tempo evidenti, ergendosi a simbolo; un simbolo che riesca a spiegarsi da sé, diventando un “media”, esprimendo una lampante franchezza comunicativa.

Sono in quanto informo”. Questo sembra comunicarci l’Opera House di Utzon guardandola, e noi dal canto nostro non possiam far altro che aprirci a lei, farci rapire dal suo linguaggio, un linguaggio che non è più puramente logico-funzionale, ma un linguaggio sintetico-figurativo, primo seme di un’Architettura che ha voglia di rinascere, ha voglia di essere simbolo e al tempo stesso informazione.



Riporto qui di seguito il link all'articolo originale del prof. Antonino Saggio che è stato l'ispirazione per la stesura di questo commento.
Antonino Saggio - La Via dei Simboli

1 Comment:

Antonino Saggio said...

Grazie Valerio, mi ero completamente dmenticato di quel film. Ne ho fatto anche uno sulla sede del Parlamento in kuwait, opera difficilmente visibile.

Il commento insieme al riassunto è ben riuscito. linca l'articolo originale se no un tuo lettore non capisce bene il contesto

 

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