Immaginate il mondo post-bellico della seconda guerra
mondiale; immaginate un mondo che, lacerato e distrutto ha bisogno di rinascere
dalle sue ceneri; un mondo alla ricerca di una nuova identità, un mondo che ha
bisogno di un’attrazione reciproca fra i suoi molteplici frammenti, che possa
ricomporre un mosaico completamente stravolto dal conflitto mondiale.
L’umanità in questo contesto così cupo e arido di speranze
ha bisogno di una nuova forza generatrice, ha bisogno di messaggi forti, di simboli in cui la collettività possa
riconoscersi, protendendo così a un futuro nuovo e ancora da scrivere.
Così come ha fatto più e più volte nei secoli,
l’Architettura quindi non rimane indifferente di fronte alle nuove questioni e
mette in atto un proprio processo rigenerativo e rifondativo che porterà il
dibattito architettonico, dagli anni ’50 del secolo scorso, a direzioni e
soluzioni completamente nuove e stupefacenti.
Il 1956 è una data fondamentale per L’Architettura: a John
Utzon è commissionato il progetto dell’Opera House di Sidney.
Se analizziamo questo avvenimento vedremo come quest’opera si
inserisca in uno dei momenti più importanti di tutto il panorama architettonico
definito contemporaneo.
Utzon crea il primo vagito di un’Architettura che si stacca
nettamente da tutti quei paradigmi funzionalisti che avevano caratterizzato la
prima metà del XX secolo; grazie alla sua sensibilità, derivante da una cultura
nordica che aveva sempre riconosciuto nel concetto di simbolo un elemento basilare del proprio essere, e alla sua
lungimiranza crea un primo esempio di Architettura che non “è in quanto funziona” ma al contrario “è in quanto informa” .
Questi due valori (funzionalismo/informazione)
sono più di un semplice gioco di parole e implicano riflessioni molto più
profonde di quanto, a una prima lettura, i termini che le compongono sembrino
suggerire.
L’Architettura non può più essere intrappolata nelle rigide
maglie di un funzionalismo oramai anacronistico che ha avuto il suo acme e la
sua totale caduta a cavallo tra le due guerre. L’Architettura ha bisogno di
nuovi paradigmi che la portino a non accontentarsi di essere elemento meccanico
destinato a funzionare ma elemento che manifesta la sua essenza poiché
destinato ad informare.
È l’aspetto informativo, adesso, a non voler più funzionare in
maniera logico-consequenziale, ma vuole significare, rimandare a contenuti
metaforici e allo stesso tempo evidenti, ergendosi a simbolo; un simbolo che riesca
a spiegarsi da sé, diventando un “media”, esprimendo una lampante franchezza
comunicativa.
“Sono in quanto
informo”. Questo sembra comunicarci l’Opera House di Utzon guardandola, e
noi dal canto nostro non possiam far altro che aprirci a lei, farci rapire dal
suo linguaggio, un linguaggio che non è più puramente logico-funzionale, ma un
linguaggio sintetico-figurativo, primo seme di un’Architettura che ha voglia di
rinascere, ha voglia di essere simbolo
e al tempo stesso informazione.
Riporto qui di seguito il link all'articolo originale del prof. Antonino Saggio che è stato l'ispirazione per la stesura di questo commento.
Antonino Saggio - La Via dei Simboli
1 Comment:
Grazie Valerio, mi ero completamente dmenticato di quel film. Ne ho fatto anche uno sulla sede del Parlamento in kuwait, opera difficilmente visibile.
Il commento insieme al riassunto è ben riuscito. linca l'articolo originale se no un tuo lettore non capisce bene il contesto
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